Super équipe per interventi alla tiroide
Nell'isola un sardo su otto ne soffre
Al Mater Olbia azzerate le liste di attesa
In Sardegna sono circa 200mila le persone colpite da una malattia alla tiroide: un problema per un sardo su otto. E sono 125-130 i casi nuovi che si scoprono ogni anno. Le malattie più frequenti sono le tireopatie autoimmuni, il gozzo e le neoplasie alla tiroide. L'Unità Operativa di Chirurgia Endocrinologica e Bariatrica del Mater Olbia è centro di riferimento di chirurgia della tiroide della Società Italiana Unitaria di Endocrinochirurgia. Unica realtà del nord Sardegna che si aggiunge alle due di Cagliari, una pubblica e l'altra convenzionata. Al Mater, come spiega il primario Piero Giustacchini «operiamo circa 120 pazienti l'anno per patologia tiroidea e i 130% sono tumori. Ma abbiamo una capacità ricettiva ben più alta grazie al fatto che il nostro ospedale, nel nord dell'isola, è appunto l'unico ad avere una chirurgia dedicata esclusivamente alle patologie endocrine e questo ci consente di abbattere le liste d'attesa. Chi deve essere operato, non aspetta. t inusuale trovare unità operative dedicate alla chirurgia endocrinologica (un limite che riguarda tutta Italia) e allora questi interventi vengono inglobati nella chirurgia generale allungando inevitabilmente i tempi d'attesa». Il percorso di accesso parte solitamente con una visita nell'ambulatorio di endocrinologia, diretto dalla dottoressa Serena Piacentini, e poi si dà il via alle fasi successive: esami del sangue, ecografia, agoaspirato quando serve per capire la natura dei noduli. «E se è necessario l'intervento - prosegue Giustacchini - si va avanti spediti: il paziente viene preso in carico dai chirurghi che lo valutano e lo operano subito. E questo il grosso vantaggio: la precisione nello studio pre-operatorio, che rispetta tutte le linee guida, e la velocità del trattamento. Anche perché, in campo oncologico, la velocità cambia anche la prognosi». L'obiettivo quindi è sempre uno: una sinergia, con le altre realtà ospedaliere dell'isola, che possa diventare realmente forte. «Esatto. Perché noi potremmo fare molto di più. Anche perché sono interventi che durano in media un'ora e nell'85% dei casi utilizziamo tecniche mininvasive. Una è la Tiroidectomia video-assistita, tecnica introdotta dal professor Rocco Bellantone, nostro maestro al Gemelli. Permette, in casi selezionati, grazie all'ausilio di una telecamera, di asportare la tiroide con una ferita di 1.5-2 centimetri, con vantaggi in termini di dolore, ripresa funzionale e ovviamente estetici. Più difficile ricorrervi, però, se il paziente aspetta due o tre anni». Ma l'ausilio di strumentazioni all'avanguardia va oltre. «Importantissimo il monitoraggio intraoperatorio dei nervi laringei: durante ogni fase dell'intervento testiamo la funzionalità del nervo e questa procedura è fondamentale per evitare un danno alla voce. Eseguiamo poi di routine anche interventi sulle paratiroidi avendo la possibilità di effettuare il dosaggio intraoperatorio del paratormone e di contare su un team composto da endocrinologi, endocrinochirughi e nefrologi che ci permette di prendere in carico pazienti affetti da iperparatiroidismo primitivo, secondario e terziario». Ma quali sono i primi sintomi da tenere in considerazione per arrivare a una diagnosi precoce? «In alcune zone della Sardegna, anche se circondata dal mare, c'è poco iodio nel terreno. Quindi gli alimenti che crescono G ne sono carenti: di conseguenza la tiroide si deve sforzare molto. E questo provoca la formazione dei noduli che in qualche caso possono diventare maligni. Ecco perché nell'isola ci si dovrebbe controllare di più: i noduli sono molto frequenti e all'inizio spesso asintomatici. Quando però riescono a crescere, visto che la tiroide si trova nel collo e sta davanti alla trachea e all'esofago, questi possono essere compressi con conseguenti difficoltà a ingoiare o anche a respirare. Ricordiamo che la tiroide può essere paragonata a un direttore d'orchestra del nostro corpo, perché con gli ormoni che produce gestisce il metabolismo - continua Giustacchini - Senza tiroide non si può vivere e chi non ce l'ha deve assumere ormoni tiroidei prodotti in laboratorio ma strutturalmente identici a quelli naturali». Ma se la produzione di ormoni è insufficiente o esagerata ci sono sintomi diversi. «Se produce poco si va in ipotiroidismo - aggiunge Valentina Milano, dell'équipe di Giustacchini e referente per la chirurgia endocrina -: si sente freddo, si aumenta il peso, si fatica a fare qualunque cosa. Al contrario, se la tiroide impazzisce e lavora troppo, i sintomi sono opposti: agitazione, iperattività, si mangia e si dimagrisce. In entrambi i casi si devono fare subito esami del sangue ed ecografia. Questi sono disturbi che devono allarmare ma ciò che deve allarmare più di tutto è il territorio in cui si risiede e la familiarità, quest'ultima spiccatissima nei tumori della tiroide». Come tutti gli altri reparti del Mater Olbia anche l'Unità Operativa di Chirurgia Endocrinologica e Bariatrica ha avviato la sua attività nel luglio 2019 e da quel momento (c'è stato però lo stop ai ricoveri quando l'ospedale è diventato centro di riferimento Covid) sono state operate circa 400 persone. Molte delle quali giovani. «Ecco perché in caso di familiarità - chiudono gli specialisti -, i controlli devono essere fatti precocemente».
Stefania Puorro, La Nuova Sardegna